Il nostro modo di legarci agli altri e di entrare in relazione con loro è influenzato dalle esperienze che sono state plasmate nel nostro cervello. Vi siete mai chiesti cosa ci spinge a legarci alle altre persone? In che modo costruiamo delle relazioni affettive in cui sentirci sicuri?
Nell’articolo sul funzionamento del cervello abbiamo visto la teoria del cervello Trino di MacLean che prevede tre stratificazioni: il cervello rettiliano, deputato alla sopravvivenza e alla riproduzione, il cervello limbico, che ci consente di costruire il mondo sociale e il cervello neocorticale, che ci consente di dare significato all’esistenza e di condividere i significati con l’altro.
Quando parliamo di attaccamento, entriamo nel cervello limbico: veniamo al mondo dotati di un’impalcatura biologica che prevede un insieme di sistemi comportamentali e motivazionali deputati a regolare importanti settori della nostra vita; siamo dotati di sistemi che regolano il comportamento interpersonale: i sistemi motivazionali interpersonali.
Dal punto di vista evolutivo questi sistemi che caratterizzano i mammiferi, ci hanno garantito una maggiore sopravvivenza attraverso il coinvolgimento sociale che nei rettili non è previsto (sono animali che vivono da soli e fin dalla nascita sono autonomi).
I SISTEMI MOTIVAZIONALI
Ogni comportamento è dunque espressione di un confronto fra tendenze innate a perseguire determinate mete e le memorie di precedenti interazioni fra individuo e ambiente. I sistemi motivazionali interpersonali sono orientati al raggiungimento di una meta e sono attivati da situazioni particolari; nello specifico i sistemi del cervello limbico sono:
- il sistema dell’attaccamento;
- il sistema dell’accudimento;
- il sistema agonistico;
- il sistema sessuale;
- il sistema cooperativo.
Il sistema dell’attaccamento è quindi uno dei sistemi motivazionali interpersonali e si è evoluto dal sistema di difesa rettiliano (attacco/fuga/freezing e collasso) e prevede il coinvolgimento attivo dell’altro conspecifico nella protezione dal pericolo. Se potesse parlare il sistema dell’attaccamento ci direbbe:
“Quando ti trovi in difficoltà (per stanchezza, paura, dolore e vulnerabilità) avvicinati a un membro conosciuto del tuo gruppo sociale che ti appaia più forte o più saggio di te”.
(Verardo e Lauretti, 2020)
Il sistema motivazionale dell’attaccamento è finalizzato all’ottenimento di aiuto e vicinanza protettiva da parte di un’altra persona individuata come potenzialmente idonea. Il sistema si attiva e assume il controllo di emozioni e comportamento nelle situazioni di dolore, pericolo, percezione di vulnerabilità e protratta solitudine. Quando è attivo regola una serie di emozioni tipicamente avvertibili in sequenza: paura (da separazione), collera (da protesta), tristezza (da perdita) e infine il distacco emozionale. Il sistema è disattivato dal raggiungimento dell’obiettivo della vicinanza protettiva segnalato da esperienze emotive di conforto, gioia e sicurezza. La disattivazione del sistema avviene alla scomparsa delle condizioni di allarme e permette l’attivazione di altri registri motivazionali come quello dell’esplorazione, del gioco (cooperativo), della sessualità di coppia.
ATTACCAMENTO E RELAZIONI DA ADULTI
Come si può dedurre l’attaccamento è fondamentale nella costruzione delle prime rappresentazioni di se e dell’altro in relazione e ci aiuta a comprendere come come chiediamo aiuto quando ci troviamo in difficoltà.
Alcuni studi si sono occupati di studiare le differenze individuali nello stile di attaccamento, attraverso procedure di osservazione nell’interazione genitore-bambino individuando uno stile sicuro di attaccamento, uno stile insicuro-evitante, uno stile insicuro-resistente e uno stile disorganizzato. Con il tempo i bambini interiorizzano le interazioni con i propri caregiver e costruiscono degli schemi mentali che gli saranno utili per predire cosa succederà nell’ambiente e imparare a relazionarsi con esso; queste rappresentazioni prendono il nome di modelli operativi interni e accompagneranno la persona lungo tutto il ciclo di vita. In questo senso si può dire che lo stile di attaccamento interiorizzato in infanzia sia piuttosto predittivo dello stile di attaccamento in età adulta.
ATTACCAMENTO SICURO
Un bambino che ha un attaccamento di tipo sicuro, può comunicare le sue emozioni sia positive sia negative, ad un adulto che si mostra emotivamente disponibile ed efficace nell’accoglierlo e regolarlo emotivamente. Il modello operativo interiorizzato farà sentire il bambino degno di attenzione anche in momenti di difficoltà. Molto probabilmente un adulto che ha interiorizzato questo tipo di legame, avrà un’alta fiducia in se stesso, riuscirà a fronteggiare i problemi sapendo riconoscere quando chiedere aiuto o supporto ad altri; avrà relazioni di coppia intime e profonde, in cui i conflitti riescono ad essere risolti in maniera costruttiva e in generale rispetta, si confronta e si fida dell’ “altro”, avendone costruito un modello positivo.
ATTACCAMENTO INSICURO
Un bambino che ha un attaccamento di tipo insicuro evitante, impara molto presto a “fare da sè”, a non comunicare le proprie emozioni (in particolare quelle negative), in quanto il suo adulto tende a svalutare il bisogno di cura e attenzione. Il modello operativo interiorizzata è di una scarsa amabilità e affidabilità di sé e degli altri. Con grande probabilità questo bambino diventerà un adulto distanziante, caratterizzato da un’alta fiducia in se stesso, accompagnata da un alto evitamento delle relazioni intime profonde. Infatti spesso questi bambini diventano adulti che costruiscono relazioni di coppia dove l’intimità e la comunicazione è piuttosto scarsa; la persona sembra poco coinvolta, mostra poco affetto e preferisce evitare i conflitti e i momenti di condivisione profonda.
Un bambino che ha un attaccamento di tipo insicuro ambivalente, ha fatto esperienza di un adulto “imprevedibile”, che non in grado di mandare chiari segnali di sicurezza: a volte questo adulto può accogliere le richieste del piccolo, mentre in altre occasioni può ignorarlo o al contrario essere invadente. In questa situazione il bambino impara ad “ipervigilare”, non sentendosi mai certo della reazione del proprio genitore e tende ad avere un attaccamento eccessivo poichè non ha imparato cosa aspettarsi dalla sua figura di riferimento. Il modello operativo interiorizzato è l’ambivalenza: da una parte sono degni di attenzione, dall’altro non ricevono risposte benevoli ai loro momenti di difficoltà. Da grande potrà essere un adulto preoccupato, con delle difficoltà a vivere esperienze intime con serenità e soddisfazione: da adulti potrebbe avere il dubbio di non essere amati e ricambiati dal partner o di non essere meritevoli del loro amore, arrivando a costruire relazioni dove è forte la dipendenza verso l’altro, con la tendenza a ricercare una fusione con il partner. Comportamenti di autonomia del proprio compagno vengono spesso interpretati come minaccia di abbandono.
Un bambino che ha un attaccamento di tipo disorganizzato, potrebbe aver vissuto esperienze difficili come maltrattamento, abuso o grave trascuratezza, oppure i suoi adulti di riferimento potrebbero aver vissuto esperienza difficili che non sono state elaborate, ripercuotendosi nel rapporto quotidiano con il piccolo. Il modello operativo interno sarà un modello multiplo di se e della figura di attaccamento in cui entrambi ruotano fra i tre ruoli di vittima, salvatore e carnefice. Molto probabilmente un bambino che ha fatto esperienza di questo legame, diventerà un adulto con uno stile di attaccamento irrisolto che prova un intenso stato di paura e allarme di fronte al proprio bisogno di attaccamento e alle richieste del partner.
E’ importante sottolineate che un adulto che non riesce a rispondere in maniera adeguata ai bisogni del proprio figlio non lo fa mai in maniera intenzionale: spesso il suo comportamento è il risultato della propria esperienza come figlio, che porta a ripetere il modello non sicuro, appreso nella relazione con i propri genitori.
La buona notizia è che i modelli appresi si possono modificare: spesso l’incontro di un partner può portare alla costruzione di un’esperienza correttiva, promuovendo il cambiamento verso la costruzione di un attaccamento sicuro, in cui è possibile vivere bene l’intimità, risolvendo i conflitti in modo costruttivo.
Per questo diventa importante essere consapevoli di come ci muoviamo nelle relazioni con gli altri e nel caso in cui ci troviamo in difficoltà o in relazioni in cui si ripete sempre lo stesso schema comportamentale, chiedere un aiuto ad un professionista.
0 commenti