Gestire le emozioni: la finestra di tolleranza

da | Gen 23, 2020

Imparare a gestire le emozioni è un processo che inizia da piccoli e va avanti per tutta la vita; le difficoltà, soprattutto, nel gestire certi tipi di emozioni possono essere dietro l’angolo. Vi siete mai chiesti come mai in alcune situazioni perdiamo le staffe oppure ci “blocchiamo” e non riusciamo a superare serenamente il momento oppure abbiamo un vissuto di angoscia e pericolo imminente anche se in apparenza non è presente? Le circostanze sicuramente infulenzano le nostre risposte, ma il tipo di risposta che attiviamo davanti alle circostanze varia da persona a persona. 

Per comprendere meglio queste reazioni fisiologiche, comportali ed emotive Siegel, nel 1999, ha sviluppato il concetto di “finestra di tolleranza”. 

La finestra di tolleranza (Siegel, 1999)

Come si può notare dall’immagine sopra, normalmente ci muoviamo tra livelli di attivazione del nostro sistema nervoso autonomo (arousal) “alti” quando per esempio compiamo attività energetiche  (una sessione di sport o una conversazione piacevole) e livelli “bassi” di attivazione come quando ci rilassiamo o ascoltiamo musica soft.

In condizioni di sicurezza ci muoviamo nella zona centrale e funzioniamo al nostro meglio: siamo in grado di godere della compagnia degli altri e del mondo intorno a noi e riusciamo ad essere efficaci nella gestione dei problemi quotidiani perché ci sentiamo al sicuro; tuttavia quando ci sentiamo minacciati il nostro livello di arousal può aumentare significativamente per prepararci a scappare, combattere, immobilizzarci o chiamare qualcuno che ci aiuti. Quando queste difese non hanno successo possiamo sprofondare in uno stato di “ipo-arousal” e possiamo “spegnerci”, immobilizzandoci, avendo una sensazione di impotenza e torpore. Sia quando andiamo oltre la nostra soglia di tolleranza nella parte alta (iperarousal), sia quando superiamo tale soglia nella parte bassa (ipoarousal), la regione della corteccia prefrontale si “spegne”: non siamo in grado di pensare razionalmente ed è per questo che tutte le strategie legate al pensiero (es. razionalizzare, dirsi “stai calmo”..) non funzionano.

Questi cambiamenti di attivazione (in iper o in ipo) sono espressione della capacità innata del nostro sistema nervoso di valutare se siamo in pericolo o al sicuro e ci consentono di raggiungere lo stato di attivazione ottimale per rispondere in maniera adattiva alla situazione: ci permettono di preparare il nostro corpo alla fuga o ad attaccare (zona di iper-arousal) oppure di immobilizzarci, secondo il principio che metterò in campo la difesa che ha la maggior probabilità di farmi sopravvivere. 

Questo meccanismo di valutazione del pericolo, chiamato neurocezione, si realizza nelle aree primitive del cervello e avviene in maniera del tutto automatica nel momento in cui vediamo, ascoltiamo e percepiamo uno stimolo nell’ambiente: questo vuol dire che in situazioni di “minaccia” metteremo in campo il comportamento che nel nostro schema di funzionamento si è dimostrato più efficace.

L’ ampiezza della finestra di tolleranza e la capacità di muoverci in maniera adattiva tra iper e ipo attivazione, varia da persona a persona e dipende in gran parte dalle prime interazioni con le nostre figure di accudimento; se possiamo beneficiare di un attaccamento sano e supportivo in modo costante, è molto probabile che svilupperemo un sistema nervoso “solido”, in grado di avere livelli ottimali di attivazione (arousal) e un buon coinvolgimento sociale: riusciremo a mettere in atto strategie adattive per rispondere agli stimoli esterni, sentendo “al sicuro”. 

Tuttavia non sempre le cose vanno in questa direzione: potremmo notare che la soglia in cui ci sentiamo a nostro agio è piuttosto limitata e avere la sensazione di un pericolo costante con conseguenti stati di ipoattivazione o iperattivazione, anche quando non ci sono condizioni apparentemente minacciose. Le ricerche dimostrano che se nella nostra crescita abbiamo avuto genitori che sono stati poco supportivi nel gestire le nostre emozioni o abbiamo vissuto delle esperienze emotive sfavorevoli (Aces) come abusi, maltrattamenti, lutti o perdite,  il nostro sistema di rilevazione del pericolo potrebbe essere “difettoso”: questo significa che il sistema potrebbe rilevare un pericolo costante, che a sua volta induce nostro sistema nervoso a rispondere con stati di iperattivazione o ipoattivazione, che ci fanno mettere in atto comportamenti disadattativi. Un esempio potrebbe riguardare l’essere cresciuti con dei genitori molto critici e da adulti avere al lavoro la sensazione di iper-arousal e reattività nonostante abbiamo un buon rapporto con il nostro capo, diventando iper sensibili a ogni minima critica o indicazione. 

Se da una parte la nostra capacità di regolare le nostre emozioni si basa sulle esperienze che abbiamo fatto durante la nostra crescita, la buona notizia è che anche se abbiamo avuto delle esperienze “critiche”, la finestra di tolleranza si può ampliare, portandoci a gestire meglio le nostre emozioni e gestire più efficiente le le situazioni che ci fanno sentire a disagio. Di certo partire dalla conoscenza del nostro funzionamento e i meccanismi che lo regolano può essere molto utile per iniziare a comprendere e dare senso ai segnali corporei e iniziare il nostro percorso di miglioramento.

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